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lunedì 30 giugno 2008

Forme di governo che si intrecciano con le forme di stato

Lo stato può avere varie forme che si sono consolidate nei tempi:

v LIBERAL-DEMOCRATICO

v TOTALITARIO

v SOCIALISTA

v IN VIA DI SVILUPPO (che comprende tutti gli altri scegliendone uno)

Per stato s’intende qualcosa di moderno, è un ente indipendente a fini generali che comprende la popolazione stabilita su un territorio dotato di una struttura di governo e basato su un complesso omogeneo ed autosufficiente di norme che disciplinano la società e la struttura organizzativa.

Gli elementi costitutivi dello stato sono 3:

§ TERRITORIO

§ POPOLO

§ SOVRANITA’

Il popolo non coincide con la popolazione. Esso è legato allo stato con la cittadinanza. La revisione costituzionale che estende il diritto di voto per le persone residenti all’estero implica il riconoscere diritti a persone che non risiedono nel territorio di provenienza. I residenti per l’appunto fanno parte della popolazione, e non del popolo, in quanto non risiedono nel loro paese di origine ma in uno stato straniero. In Italia la possibilità di voto per gli stranieri residenti in Italia è già stata sperimentata a livello locale, a Genova infatti il comune estende il diritto di voto a tutti i residenti (sentenza del consiglio di stato). Tuttavia il diritto puro di elettorato lo si lascia a chi ha un legame. Fenomeno particolare si ha per la Repubblica di San Marino, che ha subito il fenomeno di emigrazione all’estero compreso il territorio italiano (Little Tony ad esempio è della repubblica di san marino e quando ha partecipato al festival di sanremo egli era uno straniero se pur considerato italiano e quindi ammesso liberamente alle finali). Il passaporto a volte può esser un elemento costitutivo della doppia cittadinanza, come avvenne per gli italo-americani che emigrarono in america agli inizi del novecento conservando la cittadinanza italiana in caso di necessità.

Il territorio è un altro elemento costitutivo dello stato, sul quale vigono le leggi emanate dal governo di tale stato. Su esso quindi si applicano anche le leggi sul diritto agli stranieri. (In Algeria fu emanato il diritto di voto per gli algerini all’estero e ciò non comportò pochi problemi per tutti quelli che risiedevano sul territorio francese, in quanto in passato l’Algeria fu colonia francese.) In Ungheria vi sono 10 milioni di abitanti all’interno del suo territorio, ma all’esterno, ossia nel territorio dei paesi confinanti (Austria, Romania e Serbia) ce ne sono altri 5 milioni. L’Ungheria è stata sconfitta nella guerra mondiale, tuttavia ancora oggi il suo popolo rimane legato al senso di identità reiterato dal passato. In tal modo sono state adottate misure che tutelano gli ungheresi (gli status law) che vivono nei paesi confinanti, garantendo loro diritti da esercitare nello stato di Ungheria. Ovviamente ciò ha comportato una resistenza da parte dei paesi vicini, in quanto comunque l’origine è difficile da trovare. Il problema si è complicato quando l’Ungheria è entrata a far parte dell’UE. Si è avuta la tendenza di andare al di là dei propri confini. Ma ciò vale per ogni singolo stato.

La sovranità è il potere di decisione di avere l’ultima parola politica all’interno di un territorio. La sovranità formale è quella di prender decisioni politiche ultime all’interno di un territorio anche se non autosufficiente in tutti gli ambiti, ossia non deve esser necessariamente uno stato forte. Kelsen scrisse un trattato sulla sovranità affermando che “lo stato c’è finché c’è la sovranità e la sovranità c’è perché esiste lo stato”. In tal modo abbiamo una sovranità interna che si occupa di regolare le leggi dello stato e di mantenere l’ordine al suo interno. Ma esiste anche una sovranità esterna.

L’articolo 11 della costituzione italiana (L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo) è stato scritto prima dell’adesione dell’Italia nell’UE, e fu scritto nell’occasione per aderire all’ONU. Infatti l’Italia grazie a tale articolo ha potuto aderire all’UE senza modificare la costituzione che fonda lo stato, al contrario di altri stati che hanno dovuto drasticamente modificare la carta costituzionale.

Il risultato della sovranità è stato limitato negli ultimi decenni, ossia, il potere di battere moneta ora non vi è più dopo che l’UE ha sancito la politica monetaria comune e unitaria con l’introduzione dell’euro nel 1999, il potere di controllare l’esercito e quindi i conflitti è limitato in quanto l’Italia è membro della NATO e quindi soggetta alle decisioni dell’alleanza atlantica. La posizione dei tributi è rimasta tale anche se tuttavia vi sono dei parametri stabiliti dal Trattato di Maastricht che devono essere rispettati. Quindi in resoconto il potere di sovranità resta tale solo da un punto di vista formale.

Lo stato moderno nasce dopo Westfalia nel 1648, anche se in realtà esso nasce già prima con il costituzionalismo o ancora prima con le polis greche, e nell’impero romano. In tal modo nell’anno della pace che pone fine ai conflitti religiosi assistiamo ad una spersonalizzazione dello stato, in quanto in passato era identificato in una sola persona come nello stato assoluto del Re Sole. Vi è una crisi del concetto di stato-nazione che sta riavendo una riorganizzazione molto forte.

Attualmente si discute se l’Unione Europea sia da considerare stato oppure no. Si è su un’opinione comune che si può considerare una organizzazione, ma dubbia è la sua origine statale.

Lo stato-nazione rappresenta il popolo, la lingua e la cultura in quanto elementi che tendono a coincidere.

Lo stato ha principalmente tre funzioni sovrane:

§ Potere esecutivo

§ Potere legislativo MONTESQUIEU

§ Potere giudiziario

Abbiamo un ulteriore potere che si considera e ricollega come elemento politico: il potere di riconoscimento di un altro stato nella comunità internazionale. Ai tre poteri principali possiamo allegare il potere costituente, il potere di revisione costituzionale ed il potere di indirizzo politico, che si ricollegano alle tre principali funzioni sovrane dello stato.

domenica 29 giugno 2008

La fantasia delle furie rosse vince contro la potenza tedesca

Anche se non riguarda espressamente i temi legati al mio sito, ritengo sia giusto spendere due parole sulla finale dell'Europeo che si è conclusa circa un'ora fa.
L'uscita degli azzurri non significa non prestare attenzione alla finale della competizione perché la sportività e il fair-play regnano sempre in queste occasioni, e vedere una bella partita è sempre qualcosa di bello. Lo sport fa parte della cultura ed è quindi giusto scrivere quattro righe su questo argomento.

La fantasia delle furie rosse ha sconfitto la potenza tedesca grazie ad un gol di Torres, sfruttando la disattenzione della difesa tedesca e superando il portiere. La Germania non ha Buffon tra i pali. Tuttavia nonostante la bella partita, gli Spagnoli si sono dimostrati poco sportivi e privi di quel fair-play necessario ai vincitori, nonostante abbiano meritato la vittoria. Vincere significa anche giocare e rispettare l'avversario senza essere arroganti e presuntuosi, e le furie rosse per tutta la partita hanno fatto azioni fallose e hanno cercato in piu occasioni di far perdere tempo, per il gusto di vedere i minuti passare sulle lancette dei cronometri.

Come magra consolazione possiamo affermare che l'Italia è stata l'unica squadra a non perdere contro i neo campioni d'Europa, pur avendo perso ai rigori, una lotteria. E' sicuramente poco ma per lo meno questo significa che con un pò di fortuna in piu e con un miglior gioco quel sogno europeo poteva anche realizzarsi. Ora è necessario fare mente locale e pensare al futuro del calcio italiano.

La vicenda Donadoni: ma l'Italia e gli italiani ora si sono messi a fare gli interisti? E' colpa dell'arbitro? è colpa della sfortuna? era una giornata storta? è colpa dell'allenatore? doveva mettere tizio, caio o sempronio? è sempre colpa di qualcuno?
E quindi come al solito, l'unica soluzione è quella di esonerare il commissario tecnico, da buon costume italiano. Però ricordo bene come giudicavano il grande marcello Lippi prima del mondiale, soprattutto in piena vicenda Calciopoli. Poi dopo la vittoria sul tetto del mondo tutti quelli che lo avevano criticato fecero di tutto per salire sul carro del vincitore, da buona vecchia ipocrisia della classe sportiva italiana. E la storia non cambia.
Il richiamo di Lippi: ma era necessario esonerare di punto in bianco l'allenatore? e richiamare Lippi? solo perché ha vinto? e prima del mondiale perché non lo volevano piu? è vero che la storia la fanno solo i vincitori come si suol dire, ma bisogna dare tempo al tempo, la vecchia abitudine tutta italiana di esonerare subito gli allenatori che non vincono non è mai stata utile, e per guastare il tutto, quando un allenatore vince un mondiale lo si lascia andar via. Per poi richiamarlo solo due anni dopo. Non credete che facciamo un pò ridere l'UEFA?

Ad ogni modo bisogna ripartire perché il mondiale in africa è alle porte, la magia di Berlino non può essere svanita nel nulla e l'Italia è campione del mondo ancora, dovrà dimostrarlo sul campo. Le parole non servono a niente, è necessario dimostrare al mondo e all'Europa che non è stata la causalità di un momento quella vittoria sui francesi, ma è stato il frutto di una squadra che ha un passato remoto glorioso, un passato prossimo vincente e un futuro da scrivere dalla parte dei campioni.

Il genocidio: le leggi ci sono, i tribunali anche, allora perchè si continua ancora ad uccidere per motivi legati alla razza?

16 febbraio 2007: sentenza sulla Serbia della corte internazionale di giustizia.

La base legale su cui si basa tale organo è la convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948 (articoli 9-12).

Ciascuno degli atti commessi con l’intenzione di distruggere un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso è considerato genocidio.

Il genocidio riguarda quindi:

Ø l’uccisione di membri del gruppo

Ø lesioni gravi di integrità fisica o mentale

Ø il fatto di sottoporre il gruppo a condizioni che portino alla distruzione fisica

Ø misure attuate per impedire nascite all’interno del gruppo

Ø trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo etnico all’altro

L’articolo 3 della convenzione stabilisce che saranno puniti con l’accusa di genocidio coloro che avranno l’intesa mirante a commetterlo, l’incitamento diretto al pubblico a commetterlo, il tentativo di genocidio e la complicità in esso.

L’articolo 4 sancisce una punizione per chi commette questi atti.

L’articolo 5 invita gli stati ad emanare leggi su questo punto.

L’articolo 6 afferma che le persone accusate di genocidio saranno processate dalla corte internazionale.

Nel 1993 è stata creata la corte penale speciale per la ex Jugoslavia (Carlo del Ponte, ticinese).

Questa corte è stata incaricata di giudicare Mladic (considerato un piccolo Hitler) per la sua responsabilità nella guerra dei Balcani, il quale si trovava nelle zone di sicurezza dell’ONU.

La causa nasce con la domanda della Bosnia che accusa la Serbia di questi crimini commessi in queste zone (sentenza del 1996 della corte ammette che la Serbia possa essere una parte in causa).

L’articolo 9 afferma che la corte decide se una parte può essere considerata o meno tale.

L’obbligo di prevenire il genocidio implica l’obbligo di non commetterlo. La corte rileva che vi erano tra Serbia e la Bosnia degli stretti legami di natura politica e finanziaria.

Vi sono stati massacri certamente ma non dei genocidi intesi come tali dal diritto internazionale (al di fuori del caso Srebeniza, nel quale invece c’è genocidio commesso dall’armata nella città).

Ma allora c’è colpa o no della Serbia?

Mladic (e i suoi scorpioni) aveva costituito una parata militare che effettuò il massacro, ma la corte ha stabilito che non erano direttamente dipendenti agli ordini della Serbia. Non è stato quindi stabilito che questi massacri siano stati comandati da organi appartenenti allo stato della Serbia, o di organi che si difendono legati pur sempre allo stato serbo. Però essa avrebbe dovuto prevenire tale massacro come stabilisce la convenzione internazionale, quindi vi è colpa in contraendo. Non potevano non sapere dei rischi seri che vi erano quando vi era quel clima di tensioni in base alle informazioni di cui disponevano. Milosevic non ignorava ciò e tutto il clima che vi era dietro quel movimento. Non ha evitato queste atrocità a Srebeniza dimostrando di esser impotente con quello invece che si sa per certo sulla influenza della Serbia sull’esercito di Mladic. Quindi comporta una responsabilità internazionale. Anche a livello europeo questo comporta conseguenze in quanto se non consegnano i criminali di guerra diventerà difficile l’ingresso della Serbia nell’UE.

Tuttavia il risarcimento del danno non c’è perché non si sa il colpevole.

Oggi vi sono numerose leggi che vietano il genocidio. Ma non sempre è stato cosi. Infatti in passato vi sono state leggi a favore di tale atto criminale.

· Legge 15-9-1935: legge sulla protezione del sangue e dell’onore tedesco. Essa stabiliva che i matrimoni ebrei con tedeschi sono proibiti e vi poteva essere la condanna ai lavori forzati. Chiariva che non potevano nemmeno avere relazioni sessuali.

· Legge 1938: leggi razziali in Italia. Le leggi italiane del 38 sono simili a quelle tedesche del 35, ed il manifesto della Razza fu firmato da molti intellettuali.

· Legge 31-7-1941: legge della soluzione finale della questione ebraica

L’apologia del reato di genocidio oggi è proibita. Sono state emanate anche leggi di responsabilità sulla negazione dell’Olocausto, una legge che però, in quanto vieta la libertà di espressione, può essere una legge pericolosa.

Nel 2001 (25 gennaio) in Francia è stata emanata una legge che riconosce il genocidio fatto dai turchi nei confronti degli armeni nel 1915.

Saranno puniti quindi quelli che avranno contestato l’esistenza del genocidio armeno. Ma è un progetto di legge che ancora non è stato approvato in virtù dei rapporti tesi che scorrono tra la Francia e la Turchia.

Tuttavia bisogna ammettere che è discutibile una legge che frena la libertà di espressione anche se giustificata dalla morale storica. La stessa Francia poi ad esempio nel 2005 ha emanato una legge che premia chi ha partecipato alla materia coloniale, e moralmente quindi è una legge molto discutibile visto quello che è successo nelle colonie francesi.

In Italia è stata emanata una serie di leggi sulla memoria per l’evento drammatico delle foibe.

L'opposizione russa all'autonomia del Kosovo - con l'avallo della Serbia stessa- potrà creare ulteriori tensioni lungo la linea orientale dell'Europa, e se ora si vive tutto sommato in un clima pacifico, a livello politico gli attriti ci sono e sarà compito della diplomazia evitare ulteriori conflitti in un futuro prossimo.

Tuttavia, nonostante tutte queste leggi e i tribunali sorti dopo il processo di Norimberga, l'odio razziale e i crimini contro l'umanità esistono ancora oggi. Perché dopo tutto quello che è stata la guerra si continua ad odiare e a combattere a causa di ragioni futili legate alla razza o alla religione? bisogna dare ragione ad Hobbes che già nell'ottocento diceva "homo homini lupus"? è un'utopia sconfiggere la guerra?

sabato 28 giugno 2008

Il Parlamento europeo: deficit democratico?

Il Parlamento europeo, a seguito dell’allargamento, riunisce i rappresentanti dei circa 400 milioni di cittadini dell'Unione europea. Dal 1979 i parlamentari sono eletti a suffragio universale diretto per un periodo di cinque anni. I seggi,

al 26 novembre 2004 nel numero di 731, sono ripartiti tra gli Stati membri in funzione della consistenza delle ri

spettive popolazioni. E’ la sede degli interessi dei cittadini (prima differenza con le organizzazioni

internazionali).

Le principali funzioni del Parlamento europeo sono le seguenti:

ü esamina le proposte della Commissione ed è associato al Consiglio nel processo legislativo, anche in qualità di colegislatore, secondo modalità differenti (procedura di codecisione, di cooperazione, parere conforme, parere semplice...);

ü esercita un potere di controllo sulle attività dell'Unione attraverso l'investitura della Commissione europea (e la facoltà di censurarla), nonché attraverso interrogazioni scritte od orali che può rivolgere alla Commissione e al Consiglio;

ü condivide con il Consiglio il potere di bilancio: il Parlamento vota il bilancio annuale, lo rende esecutivo attraverso la firma del Presidente del Parlamento e ne controlla l'esecuzione.

Il Parlamento europeo nomina inoltre il mediatore europeo, che ha il compito di ricevere i reclami dei cittadini dell'Unione riguardanti casi di cattiva amministrazione nell'operato delle istituzioni o degli organi comunitari. Può infine creare commissioni temporanee d'inchiesta, la cui competenza non si limita all'attività delle istituzioni comunitarie, ma può essere estesa anche all'operato degli Stati membri nell'attuazione delle politiche comunitarie.

Il trattato di Amsterdam ha semplificato le procedure legislative, arrivando quasi a sopprimere la procedura di cooperazione (che continua ad applicarsi solo a pochi casi inerenti all'Unione economica e monetaria) e prevedendo una considerevole estensione del campo di applicazione della procedura di codecisione.

Anche il trattato di Nizza, entrato in vigore il 1° febbraio 2003, ha rafforzato il ruolo di colegislatore del Parlamento, grazie all'estensione della procedura di codecisione. Il trattato ha inoltre accordato al Parlamento il diritto di presentare ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee alle stesse condizioni previste per le altre istituzioni.

I regolamenti dell'unione europea: diretta applicabilità

Gli atti con i quali le istituzioni comunitarie possono intervenire maggiormente negli ordinamenti giuridici nazionali sono i regolamenti. Essi si distinguono per due aspetti assolutamente insoliti per il diritto internazionale:

il primo consiste nel loro carattere comunitario, cioè il fatto che, indipendentemente dai confini nazionali essi sanciscono lo stesso diritto in tutta la Comunità essendo uniformemente ed integralmente validi in tutti gli Stati membri. Pertanto, è vietato agli Stati membri applicare non integralmente le disposizioni di un regolamento o effettuare una scelta fra di esse, al fine di rimuovere quelle norme alle quali uno Stato membro si era già opposto nel corso della procedura di decisione o che contrastano con determinati interessi nazionali. Inoltre, uno Stato membro non può sottrarsi al carattere vincolante delle disposizioni di un regolamento, facendo riferimento a norme consuetudini del proprio diritto nazionale.

il secondo aspetto consiste nella loro applicabilità diretta, cioè il fatto che le disposizioni di un regolamento sono applicabili senza uno speciale ordine di esecuzione nazionale e conferiscono diritti o impongono doveri diretti ai cittadini della Comunità. Gli Stati membri, le loro istituzioni e le loro autorità sono direttamente vincolati dal diritto comunitario che devono osservare alla stessa stregua del proprio diritto nazionale.

venerdì 27 giugno 2008

La funzione del mercato nel diritto privato

Una scelta di politica economica attuata con legge può perdere ogni efficacia se è contrastata dalla banca centrale che ha una autonoma incidenza nel governo del credito. Mediante contratti le grandi imprese producono beni, disciplinano il lavoro, distribuiscono i prodotti tra i consumatori. La lex mercatoria si sostituisce alla legalità, ma ciò non è ammissibile. Il mercato è solo una categoria giuridica, non un principio sul quale si basa la società e la persona. Il mercato è inteso come istituzione produttrice di proprie regole finalizzate alla determinazione dei prezzi e dei comportamenti, e anche come area di libertà che configura le azioni degli individui. Mediante il mercato la ricchezza è prodotta e si distribuisce, e la sua circolazione è inseparabile da quella della moneta. Tutto è ridotto dunque a valore economico.

L’economia in questo senso sovrasta la politica e al libero consenso degli uomini non spetta più stabilire i fini della società. Ciò è dunque incompatibile con il diritto e con le strutture fondamentali della convivenza quotidiana. La realtà economica deve fare i conti anche con motivazioni non legate al profitto. L’interesse egoistico, l’altruismo, la razionalità, la simpatia, lo spirito cooperativo ed altri sono elementi che hanno a che fare anche con la legge del mercato. Esso è permeato da regole etiche come l’onestà negli affari, la buona fede, la sobrietà, il rispetto della proprietà e della persona. Il mercato non è dunque una realtà distinta dal diritto, è categoria giuridica perché il diritto stesso lo orienta secondo i suoi valori complessivi. Il concetto di mercato opera all’interno del sistema come fattore di garanzia di uno svolgimento dell’attività economica che sostiene e non sostituisce le finalità da ciascuno assegnate alla propria vita, all’interno di un ordinamento che tutela e coordina le singole libertà.

Il mercato è dunque inteso come la funzione costituzionale dell’economia, in quanto l’attività economica non può essere che strumentale alla realizzazione dei valori esistenziali alla categoria dell’essere. (art 41 cost e art 42 cost). Il buon diritto è quello che impedisce la mercantilizzazione della società e la identificazione dei diritti civili e dei diritti umani naturali con quelli economici.

I concetti di mercato e concorrenza hanno il loro riconoscimento fondato sulla garanzia della democraticità del sistema, sull’avversione alla collettivizzazione dei beni di produzione e alla pianificazione centralizzata ed autoritaria. L’intervento pubblico in economia assume le forme del monopolio legale, della gestione statale d’imprese operanti come regole di diritto civile, dell’aiuto finanziario pubblico alle imprese private. Si vieta che il potere di mercato ostacoli lo sviluppo di altre imprese o si risolva in un danno per i cittadini, e si afferma che la concorrenza favorisce la diminuzione dei prezzi o il miglioramento dei prezzi.

La tutela del mercato è in primo luogo regolamentazione giuridica della concorrenza. Questo è il concetto di ANTITRUST. I suoi fondamenti sono nella costituzione (art 41) è non un fine ma un mezzo per realizzare l’utilità sociale o l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione economica e sociale del paese. L’antitrust assume un ruolo politico ed istituzionale, perché rappresenta lo strumento di difesa del diritto all’istruzione e all’informazione, i quali presuppongono l’esistenza effettiva di una scelta tra una pluralità di ipotesi.

La tutela della concorrenza, quale garanzia all’accesso e alla permanenza nel mercato, s’intreccia con i prioritari valori della promozione e della tutela dei diritti umani. L’esercizio della libertà economica nell’ambito delle telecomunicazioni e sistemi radiotelevisivi presuppone rigorose condizioni di controllo; l’impresa pubblica e quella privata devono concorrere nella realizzazione dei valori costituzionali posti a presidio dell’informazione radiotelevisiva. Occorre che siano garantite la correttezza e la completezza dell’informazione. L’antitrust tuttavia è un rimedio utile ma non esclusivo: bisogna avvalersi della forza e dei rimedi ricollegabili alla clausola generale di tutela della persona.


Il principio di eguaglianza da una prospettiva civile

La costituzione riconosce l’eguaglianza sia come divieto di discriminazione fondata sulle differenze biologiche o culturali sia come impegno dello stato a rimuovere le condizioni di fatto che ostacolano lo sviluppo della persona. (art. 3 cost).

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

L’eguaglianza formale afferma che il destinatario delle norme giuridiche è un soggetto astratto. La legge non può distribuire privilegi o discriminare legalizzando una differenza, la quale è un mero dato fattuale, che non deve esser confusa con la diseguaglianza che è invece un giudizio di valore. L’eguaglianza sostanziale invece afferma che la garanzia del divieto di discriminazioni è insufficiente a realizzare il principio di tutela della persona e di pari dignità sociale.

Il dovere della repubblica è quello di attuare questo principio e di farlo rispettare concretamente, intervenendo in caso di discriminazione sociale. Sono ragionevoli soltanto le disparità attuative della eguale dignità e dello sviluppo della persona.

Eguaglianza non significa egualitarismo perché non si pretende l’eguaglianza di tutti in tutto, a prescindere dei meriti e delle competenze. Ogni disparità di trattamento deve esser giustificata come attuazione dei principi costituzionali.

Il principio di eguaglianza è unitario. La eguaglianza formale e sostanziale sono in funzione reciproca, in quanto entrambe esprimono l’eguaglianza nella giustizia sociale. Il mercato non può sostituire l’uguaglianza nel superamento delle differenze, in quanto esso accentua le discriminazioni e disintegra la persona in una somma incoerente di funzioni di consumo.

L’eguaglianza sostanziale è invece attuata non soltanto con la redistribuzione dei beni e con discipline diversificate in ragione della disuguaglianza di fatto, ma anche con la garanzia di una effettiva partecipazione degli individui alla dinamica dei rapporti di diritto civile.

L’eguaglianza di diritto comprende il riconoscimento a tutti della capacità giuridica, il divieto di discriminazioni non giustificate, l’eguale godimento di diritti fondamentali. L’eguaglianza secondo il diritto è eguaglianza nei diritti fondamentali quali garanzie a fronte del potere (pubblico o privato).

L’interpretazione unitaria del principio di eguaglianza si manifesta sia nella distribuzione dei beni sia nella distribuzione della possibilità di acquisire un determinato dominio sui beni. Il ben tutelato non è soltanto quello patrimoniale, il bene è l’oggetto della situazione giuridica e del rapporto. Bene giuridico è il termine di riferimento di tutti i comportamenti che rientrano nel rapporto giuridico. Ogni comportamento qualificabile come esercizio di una delle due situazioni soggettive comprese nel rapporto ha lo stesso termine di riferimento, che è appunto il bene.

Le caratteristiche dell’istituto della proprietà non sono le uniche in riferimento ad ogni singolo bene. Il bene giuridico è dunque l’oggetto di una situazione soggettiva la quale ha sempre un bene come oggetto. I beni possono esser patrimoniali e non patrimoniali; sono concepibili beni a godimento plurimo e l’individuazione dell’interesse meritevole è compiuta dall’ordinamento. Anche le clausole generali, nella loro vaghezza dispositiva, riconducono al concetto di eguaglianza degli individui.

Il personalismo legato al solidarismo nell'essenza dello ius civilis

Il PERSONALISMO nasce come dottrina di ispirazione cristiana con riferimenti polemici all’esistenzialismo e al marxismo. La persona è totalità e indipendenza. Ha dignità perché in relazione diretta con l’assoluto nel quale ha compimento. Oggi tuttavia non appartiene più ad una corrente di pensiero specifica.


La persona oggi è il punto di confluenza di una pluralità di culture che riconoscono in questo termine il proprio riferimento di valore. Il principio di tutela della persona è il supremo principio costituzionale, fonda la legittimità dell’ordinamento e la sovranità dello stato.

La persona è inseparabile dalla solidarietà in quanto la cura dell’altro fa parte del concetto di persona. La solidarietà esprime la cooperazione e l’eguaglianza nell’affermazione dei diritti fondamentali di tutti. Non concepisce un interesse superiore a quello del pieno e libero sviluppo della persona. Le formazioni sociali hanno rilievo costituzionale quali luoghi nei quali si sviluppa la personalità, non vi è supremazia del gruppo sull’individuo.

Il pluralismo sociale è un bene se è bene per la persona, non un’alternativa o un valore da preservare. La legalità costituzionale controlla gli atti e l’attività del gruppo, assicura il rispetto della dignità dell’associato e tutela l’eguaglianza e la democrazia interne alle vicende associative.

tra pubblico e privato: esiste ancora la differenza nel diritto?

Il diritto inteso come materia di studio, è frazionato in una pluralità di settori, per una semplice finalità didattica. Esso non va studiato per settori ma per problemi, nella consapevolezza che esistono principi fondamentali del complessivo sistema.

La rigida distinzione tra diritto pubblico e diritto privato secondo la quale l’uno disciplinerebbe gli interessi dell’intera collettività e l’altro regolerebbe gli interessi dei singoli individui è oggi INSOSTENIBILE.

Si possono qualificare di diritto pubblico soltanto le regole costitutive di organizzazione che istituiscono e disciplinano il funzionamento interno dello stato e degli altri enti locali rappresentativi della sua sovranità.

E’ una distinzione meramente quantitativa, in quanto in ogni settore convivono norme pubbliche e private.

A volte prevale l’aspetto privatistico perché si soddisfa in via diretta l’interesse dei singoli (realizzando contemporaneamente l’interesse della collettività), altre volte invece prevale l’aspetto pubblicistico poiché si soddisfa in via diretta l’interesse della collettività (sempre finalizzato all’attuazione di interessi individuali ed esistenziali dei cittadini).

L’interesse pubblico non è più importante di quello privato ma un interesse di tutti o di molti, oppure semplicemente un interesse strumentale che deve esser soddisfatto affinché altri interessi individuali siano a loro volta soddisfatti. E’un interesse più ampio, ossia più generale, più astratto, quindi non più importante ed in tal modo non prevale sull’aspetto privatistico.

Non si subordina dunque un interesse privato ad un interesse pubblico, si limita o si nega la tutela di un interesse privato poiché dal complesso delle regole e principi rilevanti per l’ipotesi concreta risulta che un altro interesse, riferibile sempre ad individui, deve prevalere.

L’interesse pubblico è finalizzato alla tutela della persona. L’autorità dello stato è nella legittimità dei suoi principi. Lo stato moderno è caratterizzato non da un rapporto di subordinazione del cittadino alla sua sovranità, ma dall’impegno costituzionalmente garantito di realizzare l’interesse delle persone singole.

Compito dello stato è non tanto quello di imporre ai cittadini un suo interesse superiore quanto quello di realizzare la tutela dei diritti fondamentali.


Quindi per concludere sono di diritto civile (e quindi non diritto privato, perché il termine civile indica il diritto inteso in condizioni di uguaglianza, il diritto di tutti) le regole ed i principi riconducibili al principio di eguaglianza, sono di diritto pubblico le norme che istituiscono una differenza tra soggetti comuni (i privati) ed altri soggetti, definiti enti, che hanno una autorità. Il diritto civile non è in antitesi con il diritto pubblico, bensì solo una branca del diritto che raccoglie gli istituti attinenti alla struttura della società e al vivere dei cittadini, è il diritto dei cives titolari di diritti nei confronti anche dello stato.

Quando si ha un concorso di reati?

Si ha concorso di reati quando uno stesso soggetto ha violato più volte la legge penale e, perciò, deve rispondere di più reati. Il concorso di reati presuppone risolto il problema della unità e pluralità di reati:

· Per la concezione naturalistica la unità e pluralità di reati va desunta da strutture preesistenti in rerum natura ed individuabili in base ad una teoria generale della realtà. L’agire umano costituirà un solo reato o più reati a seconda che esso sia naturalisticamente unico o plurimo. Si avrà, quindi, un solo reato o più reati a seconda che si abbia, rispettivamente, un'unica azione o più azioni, un unico evento o più eventi, un'unica volontà o più volontà.


· Per la concezione normativa, che è la più condivisa, l'unità o pluralità di reati va desunta esclusivamente dalla norma penale, che è l'unico metro per decidere se il fatto storico sia valutato dal diritto penale come un solo illecito o come più illeciti.

Per la concezione normativa a base ontologica, pur affermandosì che la norma costituisce il prius logico per la valutazione del fatto storico come unico o plurimo e che il legislatore non è rigidamente vincolato al dato pregiuridico, tuttavia si riconosce che determinati schemi ontologici fondamentali, determinati sistemi di valori e le correlative tipologie di aggressione, non possono non costituire l’ossatura concettuale, la struttura portante, di ogni sistema penale razionale e progredito.

L'amnistia: è un istituto utile?

l'amnistia è una causa di estinzione della punibilità, l’amnistia è un atto con cui lo Stato rinuncia all’applicazione della pena. La titolarità del potere di clemenza è assegnata dalla Costituzione al Presidente della Repubblica, che lo esercita su legge di delegazione delle Camere.

Si distingue tra: a) amnistia propria: riguarda i reati il cui accertamento giurisdizionale è ancora in corso ed estingue del tutto il reato; b) amnistia impropria: interviene dopo una sentenza irrevocabile di condanna.

La capacità criminale

Capacità a delinquere (o capacità criminale) consiste nella disposizione o inclinazione dell’individuo a commettere fatti in contrasto con la legge penale. La capacità a delinquere consente di graduare la responsabilità e quindi la pena da applicare al reato commesso. Si desume: a) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; b) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo; c) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato d) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
La capacità a delinquere ha una funzione bidimensionale che consente di valutare la personalità nella sua complessità morale e naturalistica, di compromettere il dissidio tra libertà e necessità, di gettare un ponte tra diritto penale e scienze dell’uomo: a) una funzione retrospettivo – retributiva, ove va intesa come capacità morale di compiere il reato commesso; b) una funzione prognostico-preventiva, in quanto serva ad accertare l’attitudine del soggetto a commettere nuovi reati.


giovedì 26 giugno 2008

Il concorso morale nella fattispecie di reato

concorso morale: influenza psichica su soggetto-agente (che poi commette reato)

a) determinatore: chi agisce su psiche altrui facendo nascere proposito delittuoso inesistente

b) istigatore: influenza psiche altrui accrescendo predisposizione a commettere reato

- posizione di concorrente morale = particolareà non vale se il fatto non si realizza (soprattutto istigatore, che ha responsabilità attenuata rispetto al determinatore)

- caso 48 (omicidio davanti a parente): complicità morale o adesione psichica a reato altrui à non basta x avere un reato

- no concorso morale neanche nel caso 49: se non mi allontano da dove sparano le bombe non vado al di là del semplice compiacimento x reato altrui

- caso 50: istigatore ispira furto fino a richiedere un quadro ben preciso: la realizzazione di un fatto diverso spezza il legame tra istigazione e condotta successiva (quindi non punibilità x istigatore? à dubbi dottrinali)

7.1) agente provocatore (AP): in genere agente di PS che favorisce commissione di reato al fine di assicurare i colpevoli alla giustizia:

- 2 tesi x AP: 1) Agente Provocatore punibile salvo che si limiti a osservare e ctrl azioni altrui senza intervenire

psicologicamente sui s-a (che vengono determinati ulteriormente a commettere reato)

à reato = pericoloso cmq su piano sociale

2) Agente Provocatore NON punibile: il suo comportamento non sorretto da dolo, essendo la

volontà diretta a assicurare i colpevoli alla giustizia

8. L’elemento soggettivo del concorso criminoso

- elemento soggettivo: 2 profili:

1) volontà manifesta di commettere reato ( = a dolo di reato monosoggettivo)

2) manifestazioni di volontà dei singoli: 2 modalità:

8.1) partecipazione dolosa a delitto colposo: casi rari, dottrina scettica; l’elemento colposo è altrui

ma si valuta l’eventuale dolo di un s-a che concorre

8.2) partecipazione colposa a delitto doloso: problemi ancor maggiori del caso 1: semmai invece

che partecipazione colposa = NON DILIGENZA (il dolo è elemento molto preciso di motivazione

individuale che non può essere influenzato solo dai comportamenti colposi altrui)

L'illuminismo penale

L’illuminismo penale

- Illuminismo = razionalizza il DP con posizioni + garantiste (diminuisce rischi di arbitrio, + garanzie x colpevole – x cui NON devono esserci misure di inutile crudeltà -)

- principi penali illuministici:

1) principio di legalità = certezza del diritto (ergo > protezione interessi collettivi

2) giudice = bocca della legge (no discrezionalità ma applicazione di ‘meccanico’ sillogismo giudiziario)

3) danno sociale = unica cosa da punire (x tutelare collettività)

4) necessità e proporzione della pena = applicabilità solo nei casi che FTvamente lo richiedono (e in proporzione al danno sociale provocato da atto illecito)

- Principi accantonati in periodi di autoritarismo ma SEMPRE sottesi a applicazione norme penali x casi concreti

- “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria = compendio importantissimo x una politica criminale razionale e moderna (dopo 1764 Beccaria ebbe grande fortuna Ita e estero) à ILLUMINISMO PENALE

- 1786 Granducato di Toscana = riforma Leopoldina (mitigazione delle pene, proporzionalità, tipizzazione dei reati, eliminazione della tortura, abolizione prove privilegiate)

- 1789 Dichiarazione dei diritti dell’uomo (es. principio di legalità, dannosità sociale, necessità e proporzione delle pene, presunzione di innocenza ecc.)

- 1791 = codice penale F rivoluzionario

- 1810 codice penale napoleonico = regresso à reintroduzione pena di morte, pene infamanti e odiose (gogna, marchio, confisca ecc.), tentativo = consumazione, delitti contro lo Stato puniti severamente ecc.

- fine ‘800 = Pellegrino Rossi (ritorno di principio di retribuzione male pena/male delitto)

3. e 4. La nascita della moderna scienza penalistica italiana e la cd scuola classica

- la dottrina penalistica italiana è influenzata dalla nascita di 2 scuole

1) scuola classica: da 2a ½ ‘800: à Francesco Carrara à fondamenti illuministici

à anche su principi di natura spirituale

2) scuola positiva: fine ‘800 ca: à Cesare Lombroso à ‘positiva’ x’ basata su

à Raffaele Garofalo à ‘positivismo criminologico’

à Enrico Ferri à (cioè estensione di ‘positivismo filosofico

anche a diritto penale e criminologia)

- 2 differenti concezioni di reato:

1) concezione classica = reato = ente giuridico commesso da un agente con libero arbitrio; per la libera scelta di commettere l’atto illecito, l’agente subisce una PENA RETRIBUTIVA per ristabilire l’ordine sociale turbato

2) concezione positiva = il reato è un elemento bio-psicologico della società ed è commesso da un agente PERICOLOSO SOCIALMENTE la cui sanzione deve essere una PENA PREVENTIVA (il fine quindi è non castigare ma recuperare alla vita sociale)

- i tre esponenti della scuola positiva:

1) Cesare Lombroso: aspetti biologici del soggetto proteso al reato (caratteristiche fisiche/conformazioni biologiche danno propensione al delitto). Tesi scientificamente non comprovate; Lombroso individua:

a) delinquente nato

b) delinquente d’occasione

c) delinquente per passione

2) Raffaele Garofalo: aspetti psicologici del soggetto proteso al reato (caratteristiche psicologiche abnormi portano a delitto); Garofalo individua:

a) delinquente pazzo

b) delinquente nato incorreggibile

c) delinquente per abitudine acquisitiva

d) delinquente per passione

3) Enrico Ferri: aspetti ambientali portano il reo a delinquere (x questo è meglio agire con correttivi sull’ambiente esterno – detti SOSTITUTIVI PENALI – x eliminare sconnessioni ambientali e sociali che portano a delinquere. Tesi scientificamente più credibili

Le fonti del diritto penale: decodificazione come in campo civile?

Il principio della riserva di legge vale sia per le norme incriminatrici che per quelle scriminanti oppure modificative o estintive delle conseguenze sanzionatorie e non solo per i delitti, ma anche per le contravvenzioni.


Chiaramente il termine legge deve essere collegato al termine fonte, in quanto nelle fonti del diritto noi possiamo concretamente scaturire le varie disposizioni leglislative emanate dal Parlamento, organo di massima rappresentanza del popolo e baluardo della democrazia, secondo gli articoli 74 e seguenti del testo costituzionale.

Il termine legge viene pressoché concordemente inteso in senso espansivo, comprensivo della legge in senso tecnico e degli atti ad essa il equiparati. Pertanto, in base all'attuale ordinamento costituzionale, le fonti del diritto penale sono:

1) le leggi formali, che comprendono, oltre alla costituzione e dalle leggi costituzionali emanate dall'assemblea costituente, gli atti normativi emanati dal parlamento, cioè le leggi costituzionali e, in particolare, le leggi ordinarie.

2) le leggi materiali, cioè gli atti emanati da organi diversi dal potere legislativo ma aventi forza di legge: le leggi delegate o decreti legislativi, emanati dal governo su delegazione del potere legislativo; i decreti legge, emanata su propria responsabilità dal governo in casi straordinari di necessità e di urgenza; nonché i decreti governativi in tempo di guerra, emanati sulla base dei poteri necessari conferiti dalle camere al governo.

Pure non senza dissensi, si propende a considerare fonti penali anche i bandi militari, emanati dall'autorità militare con forza di legge nella zona territoriale in cui si esplica il comando.

Circa il diritto internazionale si è sempre ritenuto che esso non possa costituire fonte diretta di diritto penale.

La riserva di legge non vieta al legislatore di emanare leggi personali o singolari, dirette cioè a singoli soggetti individualmente indicati o, comunque, identificabili a priori, anche in rapporto a fatti commessi.

La principale fonte del diritto penale vigente è costituita del codice penale integrato dalle disposizioni di coordinamento e transitorie e modificato da vari provvedimenti legislativi che avremo occasione di richiamare. Accanto a esso va subito ricordato l'ordinamento penitenziario il quale da luogo al diritto penitenziario, che tende sempre più a collegarsi con i diritto penale, sostanziale e processuale. Tra le tante altre fonti, che danno vita al diritto penale speciale o complementare, in senso lato, applicabile solo a particolari categorie di soggetti in ragione della loro qualità o della condizione giuridica in cui vengono a trovarsi, vanno ricordati:

1) il codice penale militare di pace ed il codice penale militare di guerra che costituiscono il diritto penale militare;

2) la legge 7/1/29, n. 4, per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, che costituisce, assieme al D.L. n. 429/82 la fonte principale del diritto penale tributario;

3) il D.L. 20/7/34, numero 1400, per l'istituzione e il funzionamento del tribunale di minorenni che costituisce la fonte del diritto penale minorile;

4) il DPR 27/10/58, n. 956, sulla disciplina della circolazione stradale;

5) il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza che continua a sopravvivere nonostante gli attacchi della corte costituzionale ed i progetti di riforma.

Per quanto riguarda la storia della legislazione penale italiana va accennato alla codificazione posteriore alla rivoluzione francese ed ispirata alla ideologia illuministico-liberale, che segna l'inizio del diritto penale moderno. Con l'avvento del regime del 1922 e la conseguente esigenza di una legislazione penale rispondente alla concezione politica del nuovo stato, il governo fu delegato con L. 24/12/25, numero 2260, ad emanare un nuovo codice. Nominato un comitato diretto dal Professor Arturo Rocco, fu dapprima elaborato un progetto preliminare, discusso dalle università, dalla magistratura e dagli organi forensi, cui fece seguito un progetto definitivo. Sentito il parere di una commissione parlamentare, il guardasigilli Alfredo Rocco formò il testo definitivo, accompagnandolo con una relazione al Re. Approvato nel 1930, esso costituisce il codice penale tuttora vigente, che è improntato soprattutto dal contributo di Arturo Rocco e Vincenzo Manzini.

mercoledì 25 giugno 2008

Il decreto legge non convertito che ruolo può avere nel sistema penale italiano?

Il decreto legge non convertito e la legge dichiarata incostituzionale cessano di avere efficacia ex tunc, con reviviscenza o riespansione retroattiva della legge sospesa in tutto o in parte dal decreto legge e di quella abrogata o limitata dalla legge incostituzionale.

Non dando luogo ad un fenomeno di successione di leggi, per un corretto inquadramento del problema si distingue tra:

1. fatti pregressi, cioè commessi prima dell'entrata in vigore del decreto non convertito o della legge dichiarata incostituzionale, i quali sottostanno alla legge vigente al momento della loro commissione, anche se il decreto o detta legge è più favorevole.

2. fatti concomitanti, cioè commessi durante la provvisoria apparente vigenza del decreto non convertito o della legge poi dichiarata incostituzionale, rispetto ai quali occorre ulteriormente distinguere tra: a) l'ipotesi del decreto non convertito o della legge dichiarata incostituzionale, più sfavorevoli, rispetto alla quale trovano applicazione gli articoli 77 e 136-30, che sanciscono la totale caducazione degli stessi; onde va applicata la più favorevole legge preesistente, che ha ripreso vigore, travolgendosi lo stesso eventuale giudicato penale di condanna. b) l'ipotesi, più controversa, del decreto non convertito o della legge dichiarata incostituzionale, più favorevoli, rispetto alla quale c'è da ritenere che trovi applicazione il principio dell'articolo 25/2 costituzione, onde vanno applicati il suddetto decreto e la suddetta legge.

In caso di conversione del decreto con emendamenti, se questi consistono nella mancata conversione di una o più norme, vale quanto sopra detto. Se essi consistono nella sola modifica di una o più norme, trattasi di un normale caso di successione di leggi, sottoposto alle regole generali.

La funzione della tassatività nel campo penale

Mentre il principio della riserva di legge attiene alle fonti del diritto penale, il principio di tassatività presiede alla tecnica di formulazione della legge penale. Esso sta ad indicare il dovere per il legislatore di procedere, al momento della creazione della norma, ad una precisa determinazione della fattispecie legale, affinché risulti tassativamente stabilito ciò che è penalmente illecito e che ciò che è penalmente lecito; e conseguentemente, per il giudice, di non applicare la stessa a casi da essa non espressamente preveduti. Principio di determinatezza e principio di tassatività, usati come sinonimi, indicano il primo il modo di costruzione della norma e il secondo l'effetto della norma determinata.

Mentre il principio della riserva di legge assicura il monopolio della legge per evitare, innanzitutto, l'arbitrio del potere esecutivo, il principio di tassatività assicura innanzitutto la certezza della legge per evitare l'arbitrio del giudice, precludendogli la possibilità di punire i casi non espressamente previsti dalle legge. E con la certezza assicura, altresì, anche la frammentarietà del diritto penale, l'eguaglianza giuridica dei cittadini a parità di condotta e la possibilità di conoscere per i consociati ciò che è e ciò che non è penalmente vietato onde consapevolmente decidere il proprio comportamento.

Nella costituzione italiana il principio di tassatività è desumibile in modo soltanto implicito, ma altrettanto sicuro, dalla ratio dell'articolo 25, quale corollario e completamento logico dei principi della riserva di legge e della irretroattività.

martedì 24 giugno 2008

La Terza Repubblica francese: scontro tra la Comune di Parigi e il conservatorismo


La fine del secondo Impero avvenne nel 1870 con la sconfitta contro la Prussia che segnò la fine di Napoleone III. Questo comporta conseguenze politiche consistenti e cade l’Impero. Ci si trova in una situazione di doppio governo, diviso tra il governo nazionale francese dominato dalle forze moderate di THIERS, ed il governo di Parigi, la COMUNE, un autogoverno, che dura pochi mesi fino al 1871. Questa è un’esperienza di tipo rivoluzionario perché vennero varate misure radicali che fecero parlare della Comune come il primo stato socialista della storia.

Ancora una volta però si presenta una spaccatura tra la capitale ed il resto della Francia. Parigi punta ad un governo rivoluzionario ed il resto del paese punta al conservatorismo. Lo scontro tra i due governi si conclude con la vittoria del governo di Thiers. Nasce la TERZA REPUBBLICA. regime politico che durò fino alla seconda guerra mondiale. Il suo inizio fu travagliato perché nacque dal sangue della repressione della comune ma anche perché era un sistema politico che sembrò trasformarsi quasi in monarchia, in quanto nel parlamento vi era una maggioranza di monarchici. Tale maggioranza era divisa all’interno in due componenti: tradizionalista (legittimista) che voleva abolire la repubblica e tornare alla monarchia assoluta (in primo piano con il duca Chambord) e quella liberale (orleanista) che auspicava un ritorno alla monarchia di Luigi Filippo, ossia alla monarchia costituzionale. La Terza Repubblica continua ad esistere grazie a questa divisione perché la orleanista si allea con i repubblicani in nome della difesa del sistema costituzionale. Si auspica alla salvaguardia del sistema costituzionale e si decide di non tornare indietro.

Nel 1875 viene varata la costituzione della terza repubblica. Il sistema attuato prevede un presidente della repubblica eletto per sette anni dal parlamento bicamerale (con una camera alta eletta non dal popolo ed una camera bassa eletta dal popolo). Il presidente della repubblica ha molti poteri pur non essendo eletto dal popolo e soprattutto quello di sciogliere la camera dei deputati (camera bassa). E’ un sistema particolare perché a seconda della prassi politica poteva evolvere in senso presidenziale o parlamentare a seconda di chi avrebbe avuto il ruolo principale. La camera alta era scelta in parte dalle comunità locali e in parte dal presidente.

L’evoluzione della terza repubblica si ha nel 1876-1877 con la crisi Mac Mahon (presidente della repubblica) il quale voleva il semipresidenzialismo. Ma per fare ciò doveva fare i conti con una camera dei deputati che non aveva intenzione di assecondare il presidente. E’ quindi uno scontro tra il presidente della repubblica e la camera dei deputati, determinato dal fatto che essi sono l’espressione di maggioranze politiche diverse. Ma Mahon era un conservatore e invece nella camera vi era una maggioranza repubblicana moderata. Per far prevalere la sua volontà Ma Mahon chiede di sciogliere le camere e indice nuove elezioni (era un potere che aveva) con il consenso del senato in quanto era conservatore. Le elezioni politiche a seconda del risultato avrebbero premiato o il presidente o la camera (presidenzialismo vs repubblica parlamentare).

Le elezioni politiche segnano la vittoria del fronte moderato, Ma Mahon è sconfitto e dopo tale crisi nessun presidente francese avrebbe più fatto uso del potere di scioglimento della camera dei deputati. Dopo il 1876-1877 si afferma una prassi di tipo parlamentare, il parlamento diventa il centro del sistema politico. Tale crisi fa evolvere la repubblica che diventa parlamentare fino alla seconda guerra mondiale. Il presidenzialismo viene archiviato temporaneamente, nella quarta repubblica sarà ancora messo da parte, ma nella quinta repubblica di De Gaulle ci sarà la vittoria del semipresidenzialismo che proclamerà la elezione diretta del presidente della Repubblica francese.

La Terza repubblica è sinonimo di scandali, instabilità e corruzioni, vi sono molti momenti di crisi in cui tende a riemergere il fatto che la terza repubblica nasce per caso. Essa è nato per caso ed i nemici della repubblica continuano ad essere numerosi fino alla fine del secolo in cui ci sono pericoli per la repubblica a favore di scelte di tipo autoritario come la CRISI BOULANGISTE.

BOULANGER, ministro della guerra tende alle pratiche populiste per conquistare consenso e fa leva sul classico sentimento nazionalista presente in Francia. Il nazionalismo è rivolto contro la Francia sul tema della ripresa e conquista dell’Alsazia e della Lorena. Boulanger sarà chiamato il General Revanche. Nel governo però rimane isolato ed è costretto alle dimissioni in quanto populista e antiparlamentarista, mettendo in discussione le istituzioni della terza repubblica. Ma Boulanger in realtà era un personaggio a cui non mancava lo spirito di azione per passare concretamente all’azione. Il governo e la magistratura francese potevano prevedere l’attentato allo stato e decisero di metterlo sotto processo. Boulanger si rifugia in Belgio e muore suicida. Il significato sta nel fatto che con Boulanger emerge un elemento caratteristico francese di far riferimento ad un personaggio tipico e carismatico, nella storia francese si è sempre avuto il bisogno di punti di riferimento in uomini di grande personalità (Napoleone, Luigi Filippo, Boulanger, De Gaulle).

La Seconda Repubblica francese: impero autoritario e bonapartismo

In Francia la Seconda Repubblica inizialmente ha contenuti democratici ma poi subisce una involuzione di tipo conservatore. Il suffragio universale vede garantito il voto anche ai cittadini che si dimostrano essere conservatori.


La costituzione della seconda repubblica si basa sul modello presidenziale
(come negli USA) ed il primo presidente della Repubblica Francese è LUIGI NAPOLEONE. Inizialmente egli accetta le regole costituzionali della seconda repubblica, ma poi emerge un conflitto sempre più forte tra il presidente ed il parlamento.

La questione si complica sul mandato presidenziale e della sua durata, in quanto dalla costituzione erano previsti 4 anni ed il mandato non era rinnovabile. Luigi Napoleone invece vuole varare una riforma costituzionale che rende rieleggibile il presidente per poter ancora rimanere al potere.

Al rifiuto del parlamento Luigi Napoleone fa un colpo di stato il 2 dicembre 1851. La Camera dei Deputati fu invasa dalle sue truppe. Un anno dopo si ha quindi la fine della seconda repubblica ed inizia il SECONDO IMPERO che occupa la storia francese dal 1852 al 1870 e che vede come sovrano assoluto Luigi Napoleone che diventa NAPOLEONE III l’Imperatore.

Si attua quindi il BONAPARTISMO, il sistema di Napoleone III, sistema che si reggeva sul carisma del capo dello stato che amava il rapporto diretto col popolo per legittimare le sue scelte politiche. L’istituto simbolo di tale politica fu il plebiscito, al quale ricorse frequentemente. Quando c’era da prendere decisioni importanti, Napoleone prima le prendeva poi chiamava il popolo alle urne. I francesi in ogni occasione hanno sempre dato ragione all’imperatore sulle decisioni prese (la Camera dei deputati).

La costituzione dell’Impero prevedeva un sistema politico al cui vertice vi era l’imperatore, ma c’era anche un parlamento bicamerale (composto dal senato, non eletto dal popolo ma di nomina imperiale, e dal corpo legislativo o camera dei deputati, eletto a suffragio). Il corpo legislativo non aveva neanche il potere di proporre delle leggi, il potere di iniziativa legislativa era nelle mani dell’imperatore, istituto assoluto dell’impero.

Il secondo impero francese è caratterizzato da due fasi: dal 1852 al 1860 si ha un impero autoritario, dal 1860 al 1870 si ha un impero liberale. Nella seconda fase Napoleone III rende il sistema politico dell’impero in un sistema parlamentare, vengono accentuati i poteri legislativi del parlamento.

Il sistema napoleonico era un sistema particolare di gestione della vita politica che reggeva sul sistema del plebiscito come ricorso alle masse. Napoleone si candidò con il PARTITO DELL’ORDINE, composto dal mondo tradizionale, conservatore e legato alla chiesa, era quindi uno schieramento sostenuto dalla Chiesa. Proprio il rapporto con la Chiesa romana fu l’elemento caratterizzante della politica di Napoleone III. In politica interna viene aumentato il peso della chiesa nell’istruzione. Vi è libertà d’insegnamento, permettendo alla chiesa di avere un ruolo forte nell’insegnamento.

Napoleone III è il protettore del papa e dello stato pontificio, intervenne unilateralmente a favore del papato sulle mire dell’Italia sullo stato pontificio (sconfitta di Garibaldi a Mentana).

Alcuni provvedimenti permisero alla Francia di avere uno sviluppo economico attraverso una serie di misure come le opere pubbliche e le infrastrutture permettendo la libera iniziativa in ambito economico di tipo liberista e permettendo la nascita di un sistema bancario molto sviluppato. Il simbolo è il CREDIT MOBILIER, una banca specializzata nei prestiti a lunga scadenza, cioè una banca che dava finanziamenti ai privati per mettere su attività economiche.

La fine del secondo Impero avvenne nel 1870 con la sconfitta contro la Prussia che segnò la fine di Napoleone III.

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